End of Waste per i rifiuti inerti: cosa prevede l’aggiornamento DM 127/2024 e cosa devono fare le aziende

La disciplina end of waste di cessazione della qualifica di rifiuto costituisce un tassello fondamentale per la Strategia nazionale per l’Economica Circolare (SEC), indispensabile per la valorizzazione dei rifiuti, consentendo al contempo una riduzione del consumo di risorse naturali e materie prime.

La revisione del Regolamento end of waste dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione è stato uno dei temi cruciali della recente attività regolatoria del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), in considerazione dei benefici ambientali ed economici connessi al maggior incremento di recupero dei rifiuti inerti e conseguente riduzione del loro conferimento in discarica, concorrendo in tal modo al raggiungimento degli obiettivi europei di economia circolare al 2035.

L’aggiornamento normativo sull’End of Waste per i rifiuti inerti è il Decreto Ministeriale 127/2024 (pubblicato il 28 giugno 2024) che ha sostituito il precedente D.M. 152/2022, ed è entrato in vigore il 26 settembre 2024. Le aziende hanno avuto tempo fino al 25 marzo 2025 per adeguare le proprie autorizzazioni, aggiornando le comunicazioni per la procedura semplificata o presentando un’istanza di aggiornamento per quella ordinaria (AIA)

Il decreto si articola in 9 articoli e 3 allegati tecnici, che definiscono in modo puntuale i requisiti di processo, qualità e conformità per la produzione di aggregati riciclati.

1.    Requisiti tecnici e condizioni per la produzione di aggregati recuperati

Il Decreto Ministeriale 127/2024 stabilisce i criteri tecnici e le condizioni ambientali in base ai quali determinati rifiuti inerti cessano di essere considerati tali per diventare prodotti a tutti gli effetti, pronti per essere reimmessi sul mercato, acquisendo lo status di “End of Waste”, ovvero aggregati recuperati idonei a sostituire le materie prime naturali.

L’obiettivo strategico del regolamento è duplice: da un lato, ridurre l’estrazione di risorse vergini e il conferimento in discarica, dall’altro, favorire la transizione verso modelli produttivi circolari, creando nuove opportunità per gli operatori della filiera delle costruzioni e della gestione dei rifiuti.

Tra gli aspetti tecnici qualificanti del DM 127/2024 vi è innanzitutto la chiara individuazione delle tipologie di rifiuti ammissibili per la produzione di aggregati recuperati, in particolare quelli provenienti da costruzione e demolizione e da matrici minerali specificate nell’Allegato 1. Il decreto definisce inoltre i criteri ambientali e tecnici per la cessazione della qualifica di rifiuto, stabilendo i requisiti di qualità che gli aggregati devono rispettare affinché possano essere impiegati negli usi consentiti, elencati nell’Allegato 2. Un’altra innovazione di rilievo riguarda l’aggiornamento dei parametri analitici e dei valori limite di concentrazione, con una revisione delle soglie per le sostanze pericolose al fine di garantire un impatto ambientale minimo. Completa il quadro la dichiarazione di conformità che il produttore è tenuto a redigere, con l’obbligo di apporre la marcatura CE nei casi in cui l’aggregato sia destinato a impieghi coperti da norme armonizzate, assicurando così trasparenza e tracciabilità del materiale immesso sul mercato.

2.    Oggetto e finalità del DM 127/2024

All’articolo 1, comma 1, viene esplicitata la finalità principale del decreto: stabilire, ai sensi dell’art. 184-ter del D.lgs. 152/2006, “i criteri specifici nel rispetto dei quali i rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e di demolizione (C&D) e gli altri rifiuti inerti di origine minerale, come definiti all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), ed elencati alle Tabelle 1 e 2 dell’allegato 1, cessano di essere qualificati come rifiuti a seguito idonee di operazioni di recupero” e possano essere trasformati in prodotti riutilizzabili.

Particolare enfasi è posta sul recupero selettivo dei manufatti ai sensi della Norma UNI/PdR 75:2000, che rappresenta la via preferenziale per ottenere materiali di qualità e tracciare efficacemente l’origine del rifiuto.
L’articolo 1, comma 2, delimita il campo di applicazione del regolamento: qualora le operazioni di recupero coinvolgano rifiuti diversi da quelli elencati nel comma 1, oppure prevedano destinazioni d’uso differenti da quelle indicate all’art. 4 e nell’Allegato 2, il trattamento non potrà avvenire secondo le regole generali del decreto, ma dovrà seguire la procedura “caso per caso”, prevista dall’art. 184-ter, comma 3, del D.lgs. 152/2006. Il decreto chiarisce che tali eccezioni devono rimanere residuali e non potranno essere utilizzate per aggirare le condizioni standardizzate del regolamento.

3.    Cosa si intende per rifiuti inerti da costruzione?

L’articolo 2 del DM 127/2024 riprende, con coerenza e continuità, gran parte delle definizioni già introdotte dal DM 152/2022, confermando il riferimento sistematico all’articolo 183 del D.lgs. 152/2006, che stabilisce le definizioni generali in materia di rifiuti. Tra queste, assume particolare rilievo la definizione di rifiuti inerti, intesi come “rifiuti solidi derivanti da attività di costruzione e demolizione o da altre fonti minerali, che non subiscono trasformazioni fisiche, chimiche o biologiche significative, non si dissolvono, non bruciano, non sono soggetti a reazioni pericolose, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altri materiali, non generano effetti nocivi tali da causare inquinamento o danni alla salute umana”.

In coerenza con le norme tecniche europee (in particolare le norme UNI sugli aggregati), il decreto introduce ulteriori definizioni che precisano le tipologie di materiali prodotti dal recupero:

  • Aggregato riciclato: aggregato di natura minerale ottenuto dal recupero di rifiuti inorganici già utilizzati in ambito edilizio o infrastrutturale.
  • Aggregato artificiale: materiale minerale derivante dal recupero di rifiuti generati da processi industriali che comportano modificazioni termiche o di altra natura.

Entrambe le tipologie rientrano nella categoria unificata di “aggregato recuperato”, per garantire uniformità terminologica e applicativa, semplificando l’inquadramento tecnico e normativo da parte degli impianti di trattamento. Il decreto introduce anche la definizione di “lotto di aggregato recuperato”, inteso come una quantità massima pari a 3.000 metri cubi di materiale omogeneo, utile per l’applicazione dei controlli di qualità e per la tracciabilità dei flussi produttivi.

4.    Criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto

L’articolo 3 del DM 127/2024 stabilisce i criteri specifici che i rifiuti inerti devono rispettare per cessare di essere considerati tali e acquisire lo status di aggregato recuperato, in conformità all’art. 184-ter, comma 2, del D.lgs. 152/2006. In particolare, la norma si applica ai rifiuti inerti provenienti da attività di costruzione e demolizione o di origine minerale, come definiti all’articolo 2 del decreto, e individua le condizioni affinché i materiali trattati possano essere riutilizzati legalmente nel ciclo produttivo.

La trasformazione da rifiuto ad aggregato recuperato è subordinata al rispetto dei requisiti riportati nell’Allegato 1, che costituisce parte integrante del decreto. Tale allegato include:

  • l’elenco delle tipologie di rifiuti ammissibili al trattamento, con i relativi codici EER;
  • le modalità di verifica sui rifiuti in ingresso per assicurare l’assenza di contaminanti non compatibili con il recupero;
  • le modalità operative di lavorazione necessarie per ottenere un prodotto conforme agli standard richiesti;
  • i requisiti di qualità del materiale finale e i riferimenti normativi per la marcatura CE, indispensabili per l’immissione sul mercato come prodotto.

È importante sottolineare che il mancato rispetto di uno o più criteri comporta l’impossibilità di attribuire al materiale lo status di prodotto: in tal caso, il materiale rimane un rifiuto a tutti gli effetti, con tutte le conseguenze normative e operative del caso, inclusi i rischi legati alla gestione illecita o impropria dei rifiuti.

  1. Rifiuti ammissibili per la produzione di aggregato recuperato

Il DM 127/2024 individua in modo puntuale le tipologie di rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti a operazioni di recupero per ottenere aggregati recuperati. Tali rifiuti sono elencati nella Tabella 1, suddivisa in due sezioni distinte:

  • punto 1: rifiuti inerti da attività di costruzione e demolizione (C&D);
  • punto 2: rifiuti inerti di origine minerale (non appartenenti al Capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/Ce).

Per essere ammessi al processo di recupero, i rifiuti devono appartenere a una delle categorie previste e non presentare caratteristiche di pericolosità. Sono espressamente esclusi:

  • i rifiuti inerti interrati;
  • i rifiuti identificati dal codice EER 170504 (terre e rocce da scavo) provenienti da siti contaminati sottoposti a procedimento di bonifica.

Come precisato dal MASE in risposta a specifici interpelli sull’interpretazione del DM 152/2022, pur essendo il codice EER 170504 inserito tra i rifiuti ammissibili, le terre e rocce provenienti da siti contaminati oggetto di bonifica sono escluse dal campo di applicazione del decreto perché tali materiali non derivano da attività di costruzione o demolizione in senso stretto, ma sono generati nell’ambito di interventi di bonifica ambientale, e pertanto non rientrano tra i flussi disciplinati dalla norma.

  • Verifiche sui rifiuti in ingresso: responsabilità e controlli preliminari

La lettera b) dell’Allegato 1 del DM 127/2024 stabilisce le procedure di accettazione dei rifiuti in ingresso negli impianti autorizzati alla produzione di aggregato recuperato. Ogni carico deve essere sottoposto a tre livelli di controllo: esame documentale all’arrivo, ispezione visiva da parte di personale qualificato e, ove necessario, verifiche integrative. Il produttore deve adottare una procedura formalizzata per assicurare la corrispondenza tra le caratteristiche dei rifiuti e i requisiti normativi. È inoltre confermato l’obbligo di compilazione del Formulario di Identificazione dei Rifiuti (FIR), condiviso tra produttore e trasportatore. Una novità rilevante rispetto al DM 152/2022 riguarda la formazione del personale: si passa da un obbligo biennale a un requisito di formazione e aggiornamento “periodico”, più flessibile ma comunque obbligatorio.

  • Lavorazione minima e gestione interna: semplificazione operativa

La lettera c) dello stesso Allegato disciplina le modalità minime di trattamento che i rifiuti devono subire per cessare la qualifica di rifiuto e diventare aggregato recuperato. Il decreto conferma che il processo debba comprendere operazioni meccaniche quali frantumazione, vagliatura/selezione granulometrica e separazione delle frazioni indesiderate, eliminando il vincolo dell’interconnessione tecnologica tra le fasi impiantistiche, considerato inapplicabile in molti contesti. Rispetto al precedente decreto, è stato inoltre sostituito il termine “macinazione” con il più corretto “frantumazione”. Il decreto chiarisce che, in coerenza con l’art. 184-ter, il recupero può anche consistere nella sola verifica della conformità ai criteri previsti. Infine, per maggiore chiarezza ed efficacia operativa, è stata riformulata anche la gestione del deposito temporaneo dei rifiuti presso l’impianto.

  • Requisiti di qualità e test di conformità: controlli analitici e limiti differenziati

La lettera d) dell’Allegato 1 definisce le attività di controllo cui devono essere sottoposti gli aggregati in uscita dalle operazioni di recupero, suddividendole in due ambiti distinti:

  • d.1 controlli analitici sui lotti di aggregato recuperato così come prodotti (“tal quali”);
  • d.2 test di cessione, finalizzati a verificare il rispetto delle concentrazioni limite previste dalla Tabella 3, da effettuare secondo le norme UNI 10802 e UNI EN 12457-2.

Per quanto riguarda i parametri e i valori di riferimento applicabili al test di cessione sugli aggregati recuperati, non sono state introdotte modifiche rispetto a quanto già previsto nel regolamento previgente. Sono esclusi dal test di cessione i lotti di aggregato recuperato prodotto destinati al confezionamento di calcestruzzi di cui alle NTC 2018 con classe di resistenza maggiore o uguale di C 12/15. Viene così eliminato il precedente richiamo alla norma UNI EN 12620 con classe di resistenza Rck/leq ≥ 15 Mpa, ormai superato e non più coerente con le attuali prescrizioni tecniche in materia di materiali per l’edilizia. Sono altresì esclusi i lotti di aggregato recuperato destinati alla produzione di clinker per cemento e di quelli destinati alla produzione di cemento, poiché la loro destinazione finale non comporta rischi di rilascio di sostanze attraverso fenomeni di dilavamento o processi analoghi, rendendo superfluo tale controllo ai fini della tutela ambientale e sanitaria.

Una delle principali innovazioni del DM 127/2024 è la rimodulazione dei limiti di concentrazione dei parametri da analizzare della Tabella 2 dell’Allegato 1 in base agli utilizzi previsti dall’Allegato 2, in risposta a una criticità rilevante sollevata dagli stakeholder relativamente ai controlli sul materiale tal quale (lettera d1), considerati nella precedente versione del regolamento eccessivamente restrittivi e tali da ostacolare l’applicazione concreta della disciplina. In particolare, sono previsti limiti più restrittivi per gli aggregati destinati ad attività di recupero ambientale, riempimenti e colmate. Per altri impieghi, come la realizzazione di rilevati, sottofondi stradali, ferroviari e aeroportuali, strati di fondazione, miscele bituminose e legate con leganti idraulici o la produzione di calcestruzzi, sono invece consentiti limiti meno severi. Il regolamento dispone infine che ai lotti di aggregato recuperato destinati alla produzione di clinker per cemento e produzione di cemento si applichi esclusivamente il valore limite di concentrazione per l’amianto (100 mg/kg, espressi come sostanza secca).

5.    Utilizzi ammessi dell’aggregato recuperato: ambiti applicativi secondo l’Allegato 2

L’articolo 4 del DM 127/2024 definisce con precisione gli scopi specifici per i quali l’aggregato recuperato può essere impiegato, rimandando all’Allegato 2 del regolamento. Questa disposizione è fondamentale per assicurare che i materiali ottenuti da rifiuti inerti siano destinati esclusivamente a usi compatibili con i requisiti ambientali, tecnici e normativi previsti per i prodotti da costruzione.

Rispetto alla normativa previgente (DM 152/2022), l’Allegato 2 del nuovo decreto amplia e chiarisce le destinazioni d’uso già previste, introducendo nuovi ambiti applicativi e rendendo più semplice l’attività di progettisti, gestori e imprese. Gli impieghi consentiti dell’aggregato recuperato includono:

  • Recuperi ambientali, colmate e riempimenti.
  • Costruzione del corpo dei rilevati per opere in terra dell’ingegneria civile.
  • Realizzazione di miscele bituminose, sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali, piazzali civili e industriali.
  • Esecuzione di strati di fondazione per infrastrutture di trasporto e piazzali.
  • Strati accessori con funzione drenante, antigelo o anticapillare.
  • Confezionamento di miscele legate con leganti idraulici, come misti cementati e miscele betonabili.
  • Produzione di calcestruzzi.
  • Produzione di clinker per cemento.
  • Produzione di cemento.

L’Allegato 2 del nuovo regolamento estende gli usi consentiti per l’aggregato recuperato, includendo in modo esplicito la produzione di clinker per cemento e di cemento (lettere h e i). Inoltre, l’utilizzo già previsto dal DM 152/2022, per il confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici è stato articolato in due distinte categorie, con l’obiettivo di rappresentare con maggiore precisione le pratiche operative: da una parte, il “confezionamento di miscele legate con leganti idraulici” (ad esempio misti cementati e miscele betonabili); dall’altra, il “confezionamento di calcestruzzi” propriamente detto. Questa articolazione risponde all’esigenza di favorire il reimpiego effettivo degli aggregati riciclati in una molteplicità di contesti edilizi e infrastrutturali, contribuendo a ridurre il consumo di materie prime vergini e a promuovere pratiche concrete di economia circolare.

Sulla base delle osservazioni ricevute, nel nuovo decreto è stata aggiornata la Tabella 5, che riporta le norme tecniche di riferimento per i diversi impieghi dell’aggregato recuperato. Considerando che tali norme possono essere soggette a modifiche, revisioni o abrogazioni, il regolamento ha specificato che dovranno essere applicate le versioni più aggiornate, ovvero quelle che sostituiscono le indicazioni precedenti.

Per quanto riguarda invece l’impiego di cui alla lettera h) (produzione di clinker per cemento), data l’assenza – al momento della pubblicazione del regolamento – di norme tecniche standardizzate, è stata introdotta la Tabella 6, che definisce i parametri prestazionali richiesti per l’aggregato recuperato destinato a tale utilizzo

6.    Obblighi del produttore e sistema di gestione: responsabilità operative e controlli

Gli articoli 5 e 6 del DM 127/2024 definiscono con chiarezza le responsabilità in capo al produttore di aggregato recuperato, introducendo alcune semplificazioni rispetto al precedente DM 152/2022 ma mantenendo un impianto rigoroso sul piano del controllo e della tracciabilità del materiale.

Dichiarazione di conformità e conservazione dei campioni
L’articolo 5 stabilisce che il produttore, al termine del processo di recupero, debba redigere una dichiarazione di conformità, secondo il modello riportato nell’Allegato 3 del decreto, attestando il rispetto di tutti i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, come stabiliti dall’art. 3 e dall’Allegato 1.
Questa dichiarazione:

  • va trasmessa, anche in forma cumulativa, entro sei mesi dalla produzione del lotto all’Autorità competente e all’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA/APPA);
  • deve essere conservata per cinque anni, anche in formato digitale, presso l’impianto o la sede legale, e messa a disposizione in caso di controlli.

Ai fini della tracciabilità, il produttore deve prelevare un campione rappresentativo da ogni lotto prodotto, secondo le norme UNI 10802 e, se necessario, UNI/TR 11682, e conservarlo per almeno un anno. Questo termine rappresenta una semplificazione rispetto al precedente DM 152/2022, che imponeva una conservazione quinquennale. Sono esonerate da quest’obbligo le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 o in possesso di certificazione ambientale UNI EN ISO 14001 rilasciata da organizzazione accreditata.

Sistema di gestione e controllo di qualità
L’articolo 6 introduce l’obbligo per il produttore di dotarsi di un sistema di gestione interno che assicuri:

  • il controllo continuo della qualità del materiale prodotto;
  • un meccanismo di automonitoraggio, volto a verificare la conformità ai criteri del decreto.

Una delle principali novità è che, a differenza del DM 152/2022, non è più obbligatorio disporre di un sistema certificato UNI EN ISO 9001: è ora sufficiente adottare procedure equivalenti, anche tramite sistemi di accreditamento riconosciuti, rendendo così più accessibile il rispetto normativo da parte di piccole e medie imprese. Queste disposizioni rafforzano il principio di responsabilità del produttore, garantendo al contempo maggiore flessibilità operativa nella gestione documentale e nel sistema di controllo.

Un ulteriore elemento rafforzativo del carattere vincolante del DM 127/2024 è contenuto nell’articolo 8: tutti i gestori di impianti che trattano rifiuti rientranti nella Tabella 1 dell’Allegato 1 e destinati agli usi previsti nell’Allegato 2 devono presentare entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto (cioè entro il 25 marzo 2025) un’istanza di adeguamento della propria autorizzazione presso l’autorità competente. In assenza di tale aggiornamento, non sarà consentita la produzione di aggregati riciclati ai fini dell’End of Waste secondo le nuove regole.

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